In occasione delle recenti Manifestazioni nazionali 2018 della Uildm, tenutesi a Lignano Sabbiadoro, è stato presentato il progetto della Direzione Nazionale “Diritto all’eleganza”, con una serata di riflessione sul tema della bellezza e della cura di sé legate alla disabilità. Noi del Gruppo donne siamo state chiamate a portare il nostro contributo e pur non potendo partecipare personalmente all’incontro, abbiamo pensato di essere presenti con una breve riflessione in merito.
Il nostro specchio - Silvia Lisena
Parlando del tema della cura di sé e del piacersi, non posso non partire dallo spiacevole episodio accaduto recentemente alla blogger Valentina Tomirotti, quando in un gruppo Facebook è stato postato un meme costituito da una sua foto appartenente al progetto Boudoir Disability e da una frase schernitrice, con tanto di commento che palesava ancora di più il divario tra la donna comune e la donna con disabilità.
Ma è possibile che nel 2018 debbano ancora succedere queste cose? Purtroppo sì, perché se da un lato assistiamo alla fioritura di progressi della scienza e della tecnologia anche in tema di disabilità, dall'altro sul piano sociale registriamo un forte arenamento mentale da parte di taluni. Il che segna inevitabilmente un'ulteriore crepa nell'animo di una donna con disabilità che, per quanto scelga di vivere in maniera positiva, deve quotidianamente fare i conti con il proprio corpo e con quella differenza che c'è, c'è sempre.
Come comportarsi di fronte a questa differenza? Domanda da un milione di dollari, risposta dubbia. Perché non c'è un libretto di istruzioni standard da seguire, non c'è una formula magica che garantisca un'eterna serenità, una volta applicata. Gli intoppi, i momenti di alti e bassi ci sono e ci saranno sempre, e forse la cosa migliore che noi donne con disabilità possiamo fare è accettarli con estrema mindfulness. Non dobbiamo giustificare la riluttanza di certa gente ad entrare in contatto – in qualsiasi modo si intenda – con un corpo che non rispecchia l'immaginario personale o sociale, ma neanche condannarla in toto perché in fondo gli altri sono altri. E noi siamo noi, quindi pensiamo piuttosto a coltivarci e a continuare a prenderci cura di noi stesse, a cercare di avere sempre un baluardo a cui aggrapparci nonostante gli altri. Componiamoci, scomponiamoci, osiamo, sbagliamo e rialziamoci, amiamo ogni singolo nostro dettaglio con la stessa curiosità con cui, in fondo, si osserva il mondo e tutte le sue forme e i suoi colori. Celebriamoci ogni giorno come fosse la prima volta, poi alla fine guardiamoci allo specchio e sorridiamo. Sorridiamo perché siamo felici. E la felicità, si sa, è bellezza pura. Punto e basta.
Una sfida doppia - Francesca Arcadu
Congiunture astrali: ovvero quando il bivio dei 40 anni si intreccia con quello della tua malattia neuromuscolare progressiva regalandoti nuove emozioni. Svolgimento: li senti che arrivano i 40 anni, lo sai già dai 35, si presentano con anticipo attraverso piccoli segnali insignificanti, tipo il metabolismo che assume la velocità di un modem analogico a 56k o l’energia che è sufficiente appena per lavorare dal lunedì al venerdì e regalarti fine settimana casalinghi in pigiama per ricaricare le batterie, raccontandotela come: “ah si, a me piace stare a casa, figurati se ho voglia di uscire!”. Ma attenzione, non è tutto tracollo: i 40 per una donna sono potenti per la mente, potentissimi, regalano consapevolezze che i 30 hanno solo anticipato, offrono profondità di analisi che fanno cogliere nella sua interezza la meraviglia dell’età adulta. Qua-ran-ta, senti come suona e allora non te ne frega niente della pelle del viso che mostra tutte le battaglie, interiori e quotidiane, non ti interessano i capelli bianchi che fanno capolino e “si, ai 50 me li lascio corti e bianchi come quelli di Jamie Lee Curtis, ecco!”, non ti importa, anzi ti piace, l’idea degli occhiali da presbite indossati con nonchalance per leggere il menù. I quaranta, per la precisione i quarantatrè, sono come una finestra su mille mondi e si portano dietro una strana, inspiegabile e piacevole sensazione di potenza. Come la consapevolezza di poter iniziare a unire i puntini di ciò che è stato prima, di ciò che ti ha portato fin qui. Resta il rebus di una malattia neuromuscolare progressiva che con quel senso di potenza ci gioca, lo mette a dura prova ogni giorno, gioca col corpo mettendo il carico pesante ai cambiamenti dell’età, gioca col respiro, lasciandoti senza fiato anche senza alcuna sorpresa, ti fa sentire stanca come due quarantenni messe insieme, ti priva ogni giorno di un pezzetto di autonomia e allora se il corpo rallenta la mente deve correre forte, fortissimo. Amare il proprio corpo, prendersene cura, per una donna quarantenne è già di per sé una prova, un momento di passaggio nel quale accettare cambiamenti e coglierne la ricchezza. Per noi donne con disabilità questa prova si fa ancora più intricata, perché amare un corpo così distante dai modelli canonici può essere difficile, a meno che non ci si dimentichi totalmente di essi. Ed è quello che possiamo fare, riscrivendo il nostro personale alfabeto della bellezza, della cura di sé, ripartendo da ciò che siamo, godendo delle infinite possibilità dell’età adulta, della maturità che mostra la sua ricchezza non dando peso a tutto il resto.